Non so se questo argomento sia già stato trattato (probabilmente si) ma ho preferito comunque scrivere a getto quello che sento in questo momento.
Nella mia vita non ho mai conosciuto la "via di mezzo", infatti attraverso le fasi "estreme" di ogni sensazione come fossero dei flussi emotivi periodici; per esempio un giorno evito lo sguardo di una persona mentre il giorno successivo la saluto con un tono eccessivamente forte sembrando un idiota.
Questo succede con l'empatia in generale: passo giorni interi a convincermi come sia meglio rinunciare a provare una certa azione elencando i vari problemi o difficoltà che potrei incontrare; mentre uno o due giorni a settimana mi trasformo in uno "normale".
Come succede a Moscarda, io interrompo ogni sentiero per osservare preoccupato ogni singolo sassolino scambiandolo per un macigno, lasciando il piacere che provo nel fare quell' azione in un secondo piano domandandomi che finalità possa ricavarne.
Giusto ieri mi sono promesso, appena il terreno fosse asciutto, di portare il cane al parco ma il problema è che ieri era uno di quei due famosi giorni sopra citati in cui sono positivo, oggi invece al solo pensare della parola "parco" mi sono venuti in mente le urla dei bambini, le chiacchere delle pettegole, gli insetti ecc. fino a convincermi, in una realtà cinica tutta mia, che era meglio starsene a casa.
La mania di dover sempre osservare minimamente tutto con la preoccupazione di incontrare una difficoltà o un qualche cosa che possa urtare la mia estrema sensibilità ha ingigantito i sottili muri che mi circondano creando una fobia sociale pressante e dominante; cercando di evitare che qualche "neurotipico" sottoforma di coglione possa offendere la mia personalità formatasi con continui compromessi dovuti ad una società che ti impone di "dismostrare" e di "mostrarsi".
Scrivo questo giusto perché spero che possa descrivere difficoltà altrui simili alle mie e, in qualche modo, esorcizzarle e alleviare il dolore di chiunque abbia avuto voglia di leggerlo.